Psicologia delle Folle e l'attenuante ex art. 62 nr 3 Codice Penale
- Massimiliano Conte
- 3 mag
- Tempo di lettura: 9 min
Psicologia applicata al diritto penale
Autore: CONTE dr Massimiliano
ISSN: 2785-0692

Sommario:
Introduzione;
Il tenore dell'attenuante;
La folla;
Le folle criminali;
I giurati che compongono le corti d'Assise;
Conclusioni.
Bibliografia
Introduzione
Fra i rami della Psicologia esiste una disciplina che non sempre riceve la dovuta attenzione; ci stiamo riferendo alla psicologia legislativa. Essa si occupa di coadiuvare il Legislatore nel processo di formazione delle leggi ed apportare il giusto contributo in materia penale, con particolare riferimento al dolo od alla colpa. Ricordiamo che la volontà (costrutto tutto psicologico) permea in modo indissolubile il diritto penale moderno e nonostante la maggior parte dei togati afferenti la magistratura si ostina a negare, la Psicologia è a pieno diritto parte integrante del Codice Penale e i suoi effetti tendono ad estendersi anche alla Criminologia. Con questo breve articolo, vedremo i fondamenti che vi sono dietro l'attenuante dell'aver agito per suggestione di una folla in tumulto.
Il tenore dell'attenuante
Prima di addentrarci nelle questioni psicologiche, dobbiamo necessariamente inquadrare il costrutto giuridico. L'articolo 62 del Codice Penale è rubricato come circostanze attenuanti comuni. Sono dette comuni perchè possono essere concesse (compensante od anche sopraffatte) a tutti i reati in generale ed hanno lo scopo di alleviare la pena del condannato (nello specifico, incidono di un terzo calcolato sulla pena finale). Quando il giudice ritiene di dover condannare l'imputato e concede le attenuanti generiche in prevalenza rispetto le aggravanti (anche esse comuni), alla pena finale statuita sottrae un terzo e il risultato di questa operazione matematica è l'effettiva sanzione penale che viene comminata e che il soggetto dovrà scontare.
Perchè sono così importanti?
Dura Lex, Sed Lex dicevano i Romani: "per quanto la legge sia dura, essa è sempre la legge" e come tale va rispettata. Tuttavia, l'evoluzione della scienza moderna (il cui merito è indubbiamente da ricondurre ai progressi della Psicologia e della Criminologia) è stato introdotto quello che viene definito il principio di mitighezza. Mediante questo corollario giuridico, la Dura Lex viene in un certo qual modo ammorbidita in ossequio all'articolo 27 della nostra Costituzione. La pena non è più intesa come una vendetta di Stato (tipica dell'Impero Romano) ma diventa un mezzo utile al condannato per redimersi, comprendere i propri errori e tornare nel mondo sociale libero con un nuovo spirito di adattamento e con una revisione critica del proprio passato (materia che a parer dello scrivente, debba essere unicamente ricondotta al Criminologo).
Poichè in capo alla persona che commette un reato possono sussistere diverse motivazioni tutte insieme, il Legislatore ha predisposto attenuanti ed aggravanti il cui scopo è intervenire quando il giudice si rende conto che dal comportamento delittuoso, ci possano essere circostanze meritevoli di un abbattimento della pena.
E' il caso del punto 3) dell'articolo 62 che statuisce: L’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza.
Principio di fondo è l'aver già commesso un'azione delittuosa. Ad essa quindi, occorre valutare se è possibile riconoscere l'attenuante in discorso. Principio iniziale che la norma statuisce è la suggestione.
In psicologia la suggestione è l'accettazione acritica di un'opinione, di un'idea, di un comportamento che nasce o dal soggetto stesso o dall'influenza di altri e che comunque è impossibile resistergli. Appare quindi immediatamente comprensibile perchè una simile condizione sia presente nel nostro ordinamento penale. La folla in tumulto genera irrimediabilmente un'influenza che attanaglia la mente del soggetto, ne distrugge l'identità di singolo e gli impedisce di opporre resistenza.
Come in tutte le cose, c'è un però. Il comportamento delittuoso deve avere delle peculiarità per poter essere attenuato. Per prima cosa, occorre che la riunione non sia stata ab origine vietata dalla Legge. Secondo il TULPS infatti, occorre informare (e non farsi autorizzare) l'Autorità di P.S. del Comune competente per territorio che verrà svolta una riunione. Detta Autorità può negarla solo in presenza di particolari condizioni (in ossequio al disposto della Costituzione).
Rammentiamo che la riunione è un insieme di persone che si incontrano in un dato luogo e in una data ora e che condividono interessi comuni preventivamente decisi e concordati (un concerto, una manifestazione) mentre l'assembramento è un insieme di persone che si incontrano in un dato luogo e in una data ora casualmente, senza averlo deciso preventivamente (si pensi le persone che aspettano ad una fermata l'autobus).
Infine, per il riconoscimento dell'attenuante l'imputato non deve essere un soggetto avvezzo al crimine, sotto tutte le sue forme di abitualità, professionalità o tendenza.

La folla
E veniamo quindi alla questione della folla. Esiste un'intera disciplina che studia la folla e le sue sfaccettature. La Psicologia Sociale e delle Influenze ne è la diretta interessata. Non possiamo quindi che fare una semplice sintesi di decenni di studi: la folla è un'entità che gode di una propria vita, una propria compostezza ed una propria consistenza. Con la folla non si può ragionare; con la folla non si può scendere a compromessi; con la folla non si può sperare in un equilibrio.
Una folla in tumulto è un mare in piena, un fiume che rompe gli argini ed impossibile da contenere se non mediante rigorosissime scogliere od argini che in genere, prendono il nome di Forze di Polizia nella gestione dell'Ordine Pubblico.
3.1. Caratteristiche generali della Folla
Come abbiamo già detto, la folla non è una massa informe di soggetti: essa risponde a determinate peculiarità. Una fra tutte è la cosiddetta legge dell'unità mentale. In senso psicologico, tutte le persone che compongono la folla in tumulto tendono ad annullare la propria identità in favore di una più grande, collettiva e generale. ed ecco quindi che la folla diventa essa stessa un individuo unico composto da migliaia di persone. Quest'ultime abdicano il proprio Io cosciente in favore di un Io Folla che assume la forma di un'anima collettiva, guidata da un unico scopo e unita nei desideri e nelle passioni.
La folla non è conscia ma agisce da un inconscio che prende il sopravvento persino sul cervello; la persona si lascia dominare dagli impulsi che provengono dal suo Io più profondo. Tale contesto rende la folla impulsiva, annulla la personalità cosciente e trasforma il soggetto in un entità inconscia, preda della suggestione, facilmente contagiabile per quel che concerne idee e sentimenti le quali prendono subito una forma di azione immediatamente attuata e che sfocia in delitti riconoscibili ed individuabili.
3.2. La folla: impulsività
Gli atti della folla nascono dal midollo spinale (quindi ben oltre l'inconscio) e pertanto prettamente impulsiva. Non essendo dirette da un cervello lucido, assumono la forma di azioni basate e coordinate più dall'eccitazione assoggettandosi agli impulsi del momento. La folla quindi è irritabile, non ragiona e non scende a compromessi.
3.3. La folla: credulità
Come un'epidemia che prende immediatamente piede in una popolazione, il germe dell'idea serpeggia fra gli individui che compongono la folla e ne prende il sopravvento. Ogni costrutto logico abbandona gli individui che iniziano a far propria l'idea che la folla stessa sostiene. Ed ecco quindi che la suggestionabilità di cui parla anche il punto 3) dell'articolo 62 trova la maggior estrinsecazione. Una folla è credulona, si lascia trasportare, si lascia convincere con poco e con scarne argomentazioni. Basta poco per infiammarla; e questa pochezza deriva da una singola persona. Nelle folle la suggestione proviene da un'allucinazione che diventa contagiosa nel gruppo di persone. Il soggetto zero lancia un'idea, ne è convinto, si lascia trasportare da questa sua illusione. Come un mare in tempesta, tutti gli altri appartenenti alla folla si lasciano pervadere da questa prima allucinazione e la fanno propria; si genera quindi un tumulto di intenti, un lasciarsi catturare da una singola idea che è essa stessa illusoria. In altre parole, la folla agisce senza aver prima ponderato alcunchè, senza porsi domande sulla fondatezza della questione o senza riflettere su cosa sta accadendo.
3.4. La folla: Sentimenti e loro gestione
In qualità di unico individuo, la folla genera sentimenti e tende a gestirli in modo impulsivo. Tuttavia, essi sono soggetti ad una esagerazione immediata o ad un semplicismo disarmante. L'esagerazione è dovuta al serpeggiare pressochè immediato dei sentimenti che da individuo ad individuo, contagia e trasporta le menti verso un'unica grande direzione. Più l'idea vola da persona a persona, più suscita approvazione e diventa pertanto incontenibile ed irrefrenabile.
3.5. La folla: moralità
Indubbiamente, l'impulsività della folla criminale possiede un livello di moralità veramente basso, se non proprio inesistente. La folla non discerne fra consuetudine e legge penale; non si interessa di condotte socialmente approvabili e non compie atti di particolare valore sociale. La folla in tumulto è feroce, distruttiva, danneggiante, impetuosa e il suo unico scopo è colpire con violenza tutto e tutti, fino al raggiungimento del proprio obiettivo.

Le folle criminali
A questo punto della nostra (parziale) trattazione, è giunto il momento di tornare su costrutti più crimino - psico - giuridici, ponendoci una domanda:
Può la folla essere considerata criminale?
La risposta a parer di questo Autore è NO.
I delitti che la folla commette durante uno stato di tumulto non sono certamente paragonabili ai delitti comuni compiuti dai singoli. La folla agisce in modo impulsivo e inconscio (quindi già la Psicologia sta ammettendo una forma di attenuazione della volontà) tale per cui la capacità di intendere e di volere in capo alla folla è di difficile attuazione. Quindi da un punto di vista psicologico, i componenti la folla dovrebbero andare tutti assolti perchè in preda a istinti impossibili da governare proprio perchè provengono da meandri mentali di difficile gestione.
Tuttavia, in ambito giuridico esiste la questione che la responsabilità penale è personale. E certamente, la folla è composta da persone.
Possiamo però intendere ogni singolo soggetto componente la folla in tumulto come incapace di intendere e di volere?
Indubbiamente, la risposta è negativa anche in questo contesto. Sarebbe troppo facile commettere reati in uno stato di agitazione tumultuosa ed andare assolti per il semplice fatto di aver risposto a chiamate inconsce profondi e sconosciute.
Il singolo che commette reati sulla spinta di una folla in tumulto è certamente meritevole di sanzione penale.
Il problema quindi è la quantificazione inteso come il dovere necessario dello Stato civile di soppesare i costrutti psico - giuridici in una risposta degna dell'articolo 27 della Costituzione.
Le persone che agiscono sotto l'influenza della folla in tumulto arrivano ad essere convinte di aver adempiuto ad un dovere! E come tale, non recepiscono la sanzione penale per quella che è: una punizione per aver devastato un palazzo o saccheggiato un mercato.
I giurati che compongono la Corte d'Assise
E qui veniamo anche ad un altra questione: i giudici popolari. Ritiene questo Autore che sebbene non si possa parlare in termini di "folla", i principi possano essere egualmente applicati. In tali contesti infatti, la (piccola) folla è preda di istinti (vendicativi, ad esempio), incapace di contenersi (quindi preda delle proprie pulsioni) e sotto l'influenza di un capo (i togati di professione).
Ed ecco che la Corte d'Assise potrebbe essere un grandissimo fallimento: si pensi al giudice popolare privo di istruzione universitaria o comunque anche qualora l'avesse (ricordiamoci che la folla non fa distinzione fra cultura, estrazione sociale o qualsiasi altro status) che ascolta il ragionamento del magistrato presidente della giuria. Appare subito chiaro che questa nostra piccola folla ha già recepito il germe di un'idea che si propaga veloce fra le menti dei giudici popolari e colpisce irrimediabilmente i loro sentimenti. Questi individui potrebbero sentirsi salire dentro emozioni che si trasformano in un mare impetuoso il cui compito è seguire il capo perchè colui che suggestiona con dovizia la folla stessa.
Sebbene i togati debbano essare gli ultimi a votare, tale costrutto è impossibile da rispettare: assisteremmo quindi a quanto abbiamo appena detto sulla folla in tumulto. L'idea del (presunto) magistrato colto viene lanciata da quest'ultimo; essa già trasvolta ed accende i cuori dei giurati popolari; diventa unica, cattiva, vendicativa; il tumulto quindi cerca e trova nell'imputato il capro espiatorio e la condanna non può che essere il giusto epilogo ad una camera di consiglio abilmente pilotata da un presidente che tutto sa, tutto vede e che se lo dice lui allora è così che deve andare.

Conclusioni
La questione appare quindi complessa. Assistiamo ad un binario che ci deve condurre inevitabilmente ad una conclusione: l'attenuante è giusta o sbagliata?
Se la esaminiamo sotto un profilo psicologico, essa appare più come una forzatura giustizialista, un costrutto che mira a punire comunque una persona che di fondo, non aveva nemmeno idea di ciò che stesse facendo. Gli istinti impulsivi sono di per se sufficienti ad eliminare qualsiasi coscienzialità in capo alla persona. Essi sono capaci di trasformare un padre di famiglia retto e corretto in un mostro privo di sentimenti e che più che del carcere, avrebbe necessità di un percorso psicologico volto a vedere la questione sotto un aspetto ben diverso.
Tuttavia, occorre valutare gli aspetti criminologici della questione. Anche se il nostro esempio di padre di famiglia retto e corretto si dovesse trovare in una folla in tumulto e da ciò compisse una serie di reati, la concezione psicologica fin ora esaminata non dovrebbe essere utilizzata (nel modo più assoluto!) come un lasciapassare per commettere delitti e farla franca. Ogni qual volta che si parla di reati infatti, qualcuno che nulla centrava ci ha rimesso e come tale, anche queste vittime meritano la giusta giustizia.
L'equilibrio che il Legislatore ha trovato appare sufficiente come punto di incontro per rappresentare tutti gli interessi in gioco.
La folla in tumulto non deve arrivare all'incapacità di intendere e di volere che la Psicologia potrebbe opporre verso ogni singolo individuo ma può accettarne l'attenuante. Così come il giurista non può pretendere una pena eccessivamente alta e senza un'attenuazione alla sua sete di giustizia.
Il Criminologo infine, deve non può che accettare un connubio di entrambi i punti di vista: la pena deve essere inflitta senza sperare in cavilli attinenti la psicologia del singolo in materia di esclusione di dolo ma neanche può rinunciare a concedere un'attenuante proprio in virtù delle difficoltà emotive che il singolo incontra durante la sua militanza in una folla in tumulto.
Il reo deve quindi poter essere chiamato a rispondere delle proprie azioni, ricevere la giusta sanzione ma vedersela attenuata in un tripudio di scienze, punti di vista disciplinari e giustizia equa e corretta. Purchè egli stesso non sia un soggetto che del crimine, ha fatto la propria filosofia di vita!
BIBLIOGRAFIA
Le Garzantine - dizionario di Psicologia
Psicologia delle Folle - Gustave Le Bon
Introduzione alla Psicologia Sociale - Hewstone
Codice Penale - Legge dello Stato
Manuale di Diritto Penale - Dolcini
Costituzione Italiana - Legge dello Stato
I processi cognitivi - Nicoletti
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