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Il cacciatore di anoressiche: Il Caso Mariolini

Psicologia applicata al diritto penale


Autore: SORRENTINO dr.ssa Antonella

ISSN: 2785-0692


Conte Massimiliano

Sommario:

  1. Introduzione;

  2. La parafilia in Mariolini;

  3. L’origine della sua patologia: le condizioni familiari;

  4. L’origine del crimine: il modus operandi;

  5. L'atto criminale;

  6. Bibliografia









  1. Introduzione

Marco Mariolini è un facoltoso antiquario di Brescia che descrive nel proprio libro “Il cacciatore di anoressiche” la sua perversa e disturbata attrazione per le donne scheletriche. Scrive un testo autobiografico nel quale si autodenuncia come potenziale serial killer, testo pubblicato un anno prima dell’omicidio per sue mani della compagna Monica Calò.Descrive le origini della sua parafilia, come condizione presente fin dall'infanzia e si definisce il primo e unico esemplare esistente di anoressofilo, rassegnandosi alla passiva accettazione del suo disturbo e delle conseguenze da esso derivanti. Manifesta e afferma inoltre, con marcata compiacenza narcisistica, di essere stato condannato dal destino ad avere questa ossessione. Fondamentale è il legame tra il disturbo parafilico dal quale è affetto e l’omicidio della donna, oggetto della sua ossessione/perversione. I due costituiscono nella relazione tossica creatasi, il perfetto binomio narcisista/dipendente affettivo, pertanto, il quadro clinico di Marco Mariolini, patologico anche nella personalità, ha incontrato quello di Monica Calò, una donna cheseppur con una vita pressoché normale, aveva manifestato la sua debolezza nel non sapersi sottrarre ad una influenza rivelatasi fatale e che l’aveva isolata dagli affetti più cari sradicandola dal proprio territorio: purtroppo Monica ha subito passivamente le torture inflitte sul suo corpo ,  cancellandole  ogni  suo  possibile  moto  reattivo.  Sebbene dal punto di vista psicologico l’evento delittuoso abbia avuto connotazioni legate al disturbo di Mariolini, occorrerebbe riflettere sul dilagante fenomeno dello stalking e del femminicidio. In primis il femminicidio trova origine nella convinzione da parte di uomini di poter esercitare, mediante sopraffazione e violenza ai danni di donne, un atavico potere/controllo attraverso una molteplicità di condotte intente a minare e a limitare l’integrità psicologica e fisica delle stesse, e nel tentativo di provocare uccisione o gravi sofferenze. Il fenomeno che è la conseguenza di condotte misogine e di una radicata cultura di matrice patriarcale, va messa in seria discussione con progetti tesi alla sensibilizzazione delle masse. Sarebbe pertanto necessario porre l’attenzione su cultura ed educazione fornendo nuove chiavi di lettura al fine di improntare i rapporti tra uomini e donne su dialogo e rispetto. Si è riscontrato da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica, soprattutto alla luce degli innumerevoli casi di cronaca, l’apertura verso l’analisi e la comprensione dei fenomeni sociali attinenti al problema femminicidio. La delinquenza in ambito domestico, ad esempio, comporta l’imprescindibile necessità di predisporsi al perfezionamento di politiche sociali attraverso la creazione di centri e servizi di accoglienza, così facendo un ulteriore passo verso l'affrancamento delle donne dalla violenza di genere.


  1. La parafilia in Mariolini

Marco Mariolini è un antiquario della provincia di Brescia che il 14 luglio 1998 uccide con ventidue coltellate l’ex compagna Monica Calò, omicidio per cui verrà condannato a 30 anni con rito abbreviato. Egli stesso è già consapevole della propria condizione patologica, a proposito della quale nelle prime righe del suo libro scrive lucidamente: “sono stato condannato fin dall’adolescenza a essere un diverso, a avere una terribile perversione sessuale”. Mariolini aveva fatto avere il libro a Monica, accompagnandolo con la dedica, quantomeno insolita, “con odio e con amore”, prima di riuscire a riavvicinarsi a lei ed ucciderla brutalmente. Il “collezionista di anoressiche, come venne chiamato, ha detto in più occasioni di non aver mai ricercato nella donna caratteristiche particolari, tranne la magrezza, anzi “dei bei lineamenti e poi che fosse il più ossuta possibile, più che sottile, scheletrica”. “Scheletrica” è il modo in cui definisce il suo ideale oggetto del desiderio e di oggetto vero e proprio si tratta: una persona da sottomettere completamente e sulla quale dare libero sfogo alle proprie pulsioni sadiche. Si parla di fenomeni che, in passato, venivano definiti come perversioni e, solo successivamente , indicati nei manuali diagnostici come “parafilia” ; con questo termine nel campo sessuologico, psichiatrico e psicologico si intendono quelle pulsioni erotiche che si caratterizzano come pensieri, impulsi o fantasie ricorrenti o che si riferiscono a determinate attività e/o situazioni che prevedono l’utilizzo di oggetti o animali o che implicano il provocare sofferenza e/o umiliazione o che abbiano come oggetto persone impuberi e/o non consenzienti. Più nello specifico, la parafilia può essere definita come un «disturbo psicosessuale caratterizzato dal fatto che chi ne è affetto deve, per ottenere eccitamento o soddisfazione sessuale, perseguire fantasie o compiere atti anomali o perversi.

Spinto solo dal bisogno di soddisfare le proprie pulsioni, il soggetto non dimostra alcuna vera preoccupazione o attenzione verso l’altro, ma anzi, considera il proprio comportamento come un atto d’amore che, in quanto tale, non può avere nessuna conseguenza negativa sull’oggetto del suo desiderio: il target sessuale, l’oggetto della ricerca, è nel caso di Mariolini il corpo scheletrico.


  1. L’origine della sua patologia: le condizioni familiari

L’infanzia vissuta da Marco è stata caratterizzata dalla mancanza di affetto ed il bambino ha praticamente trascorso i suoi primi due anni a casa dei nonni. L’allontanamento dai propri genitori e dalla casa familiare era stato causato dal pesante disturbo ossessivo-compulsivo di cui soffriva la madre, una donna ossessionata dall’ordine e dalla pulizia, convinta di non riuscire ad occuparsi dei suoi due figli (Marco e la sorellina) e che era arrivata a far penzolare Marco dal balcone, snervata dal suo pianto continuo. Il padre, al contrario, è un uomo debole e sottomesso, una personalità rinunciataria che accetta gli isterismi della moglie, subendone in silenzio le conseguenze. Questa situazione familiare fa sì che il piccolo Marco instauri nel tempo un rapporto complicato ed ambiguo con la sorella: da un lato egli è convinto di doverla proteggere da un ambiente familiare ostile e, dall’altro, prova invidia verso quella bambina che a suo dire riceve molte più attenzioni, mentre lui sembra essere “invisibile”. Forse è proprio nel sentirsi “immateriale” che va ricercata l’origine dei gusti sessuali di Mariolini che, fin dalle prime pulsioni, mostra gusti molto diversi da quelli dei suoi coetanei.

Il termine "anoressofilo" che conia per denotare la sua attrazione ossessiva per le donne estremamente magre, rimarca l'ambiguità di tale condizione che fluttua nella scelta da parte dello stesso tra termini con connotazioni più negative, quali, problema, ossessione, e termini più positivi che implicano significati romantici come "necessità esistenziale" e credenze narcisistiche come l'affermazione di essere l'unico anoressofilo. L'ambiguità di tale termine risiede poi nell’accettazione da parte di Mariolini della parafilia e delle sue conseguenze, come si può vedere quando tira in gioco il destino che non può essere controllato e nella sua compiacenza narcisistica, quando afferma di essere stato costretto dal destino ad avere questa ossessione. Qui si può osservare il sovvertimento del suo senso dell'agire, poiché l'unica manifestazione dell'agire di Mariolini è la passiva accettazione del suo destino. L’ambiguità appare dunque nella scelta di un oggetto d'amore che il soggetto rifiuta e cerca di evitare Questo giovane adolescente, sembra dunque riuscire ad eccitarsi non davanti alle morbide forme femminili, ma piuttosto pensando all’interno del corpo, all’insieme di organi, muscoli e ossa: quest’ultime, soprattutto rappresentano il culmine delle sue fantasie. Per il giovane Marco nulla è più seducente di un corpo femminile che lasci intravedere ogni particolare della struttura scheletrica. Èaffascinato dalle donne anoressiche e sentimentalmente instabili e non riuscendo a costruire un legame duraturo con nessuna di loro, tenta di costringere le donne normali a non mangiare affinché diventino più magre e quindi, a suo avviso, più attraenti. Conosce quindi Lucia ed i due si sposano un anno dopo, ma per Marco i rapporti sessuali sono molto deludenti poichè scopre una donna non magra come l’aveva immaginata; durante il periodo del servizio di leva, che trascorre lontano da casa, egli riprende quindi a cercare donne anoressiche, ma di nuovo si trova di fronte alle difficoltà già vissute nell’adolescenza. Si decide nel voler recuperare il rapporto con la moglie, ma è una relazione ambigua e instabile, che oscilla tra momenti di dolcezza ed altri di violenza anche fisica: in questo costante e patologico altalenare di sentimenti, la donna comincia a perdere peso e, per la prima volta, Marco la obbliga a dimagrire.


  1. L’origine del crimine: il modus operandi

Dal matrimonio con Lucia nasceranno due figli e a seguito delle gravidanze della moglie e la trasformazione del suo corpo, Mariolini parla di “mesi tragici”. Le gravidanze si rivelano per la donna e la sua vita un evento dal doppio effetto: infatti mentre da un lato, Mariolini si affeziona sinceramente a lei e questo le risparmia una morte possibile, dall’altro, l’inevitabile pancione che lo disgusta lo spinge a divorziare nel 1994.

Dopo la separazione, a Mariolini accade qualcosa che, come un’Epifania, dà un senso chiaro e definitivo alla sua esistenza: una notte, mentre è fermo ad un incrocio, vede una donna passare a lato di una strada, ma più che un essere umano, è qualcosa di molto più sconvolgente: “(...) la sua faccia sembrava un teschio; l’ho seguita e ho scoperto dove abitava e che si chiamava Bianca. La pesai con la mente: al massimo 20 o 21 chili. Non potevo rinunciare ad averne una così e l’unico modo era lo stupro, ma tergiversavo. Mi dicevo maledizione, possibile che non riesca a farlo? Questa ha i giorni contati”. Un vero scheletro vivente: l’uomo non deve fare altro che prepararsi all’agguato. Ma quando finalmente si decide, è già troppo tardi: “…passo davanti a casa sua e vedo le insegne funebri. Morta”. Da questo episodio, Mariolini trae due insegnamenti: il primo è che ormai non gli può più bastare avere donne come Lucia che pesava tra i 30 e i 40 chili; il secondo è che con le anoressiche, proprio per la loro patologia, non è possibile creare relazioni stabili; muoiono troppo in fretta, pertanto non fanno al caso suo. L’unica cosa da fare è trovare una donna magra e trasformarla nell’oggetto del suo desiderio. Decide così di mettere un inquietante annuncio sul giornale. A quell’annuncio, seguono incontri con una dozzina di ragazze, fino a quando si presenta Monica, una giovane di 24 anni che studia Psicologia all’Università di Padova, mentre lui di anni ne ha 35. In realtà, Monica non è né magra né grassa, semplicemente non riesce ad accettarsi fisicamente e soffre di un disturbo dell’alimentazione, ma è affascinata da Mariolini, che le appare come la possibilità di sentirsi finalmente amata per poi amarsi. Per questo, quando l’uomo inizia a proporle piccole rinunce ed i primi timidi obiettivi di dimagrimento, lei lo asseconda senza opporre resistenza. Con il passare del tempo, però, la situazione degenera. La follia di Marco ha ormai raggiunto livelli assurdi: arriva a prendere a pugni Monica sullo stomaco per costringerla a vomitare quello che ha mangiato e la obbliga al digiuno pressoché totale, anche se, come dichiarerà in seguito, il suo intento era di «mantenerla in buona salute» e di non essersi accorto della sofferenza della donna. Monica ormai pesa meno di 40 chili e non ha più il ciclo mensile: è ridotta praticamente ad uno scheletro, ma nessuno dei suoi familiari è a conoscenza delle torture fisiche e psicologiche a cui è sottoposta perché, fin dall’inizio della loro relazione, Marco l’ha obbligata a troncare ogni rapporto con la sua famiglia, per evitare qualsiasi interferenza nella loro vita. La donna è sempre più sola; Marco la minaccia ed arriva a dirle che l’unico modo per liberarsi di lui è ucciderlo. Un giorno, però, in un ristorante, Monica trova la forza di ribellarsi e, mentre lui è alla toilette, ordina un piatto di gnocchi, cosa che scatena un furioso litigio: lei, con il piatto in mano e mangiandone il contenuto, scappa per il ristorante rincorsa dall’uomo che la afferra, la schiaffeggia e la riporta al tavolo. Il tutto senza che nessuno dei presenti intervenga. Rientrati a casa, per punirla la costringe a denudarsi e a dormire sul balcone, poi sconvolto va a dormire, ma prima mette in mostra alcuni coltelli e un grande martello. Monica, ormai allo stremo delle forze è disperata, mentre lui è addormentato, lo colpisce alla testa con diverse martellate, ma poi, presa da un impeto di pietà, chiama i soccorsi, salvandogli la vita: nel processo per tentato omicidio che seguirà, verrà condannata ad un anno da scontare agli arresti domiciliari a casa della nonna, a Domodossola.In questo periodo di separazione forzata, Marco viene ricoverato per la forte depressione causata dalla perdita dell’oggetto d’amore. In questo periodo si dedica alla scrittura de “Il cacciatore di anoressiche”, in cui scrive “avrei ucciso anche lei se non avesse accettato di tornare con me», tragico preannuncio di quanto poi farà realmente. Monica rappresenta per lui un’ossessione: la tempesta di lettere e di telefonate che la donna registra, le ripete continuamente gravi minacce e lei, disperata, tenta più volte il suicidio. Monica ed i suoi familiari sporgono querela nei confronti di Mariolini e richiedono provvedimenti restrittivi a tutela della donna, ma facendo leva sulla sua compassione e dicendole che aveva ormai deciso di uccidersi, Mariolini riesce infine a convincerla ad incontrarsi.

Nei pressi del porto di Verbania, l’ennesimo rifiuto di Monica di tornare con lui scatena tra i due una colluttazione, durante la quale Marco estrae un coltello e la uccide. In carcere Mariolini dichiarerà che gli è del tutto sconosciuto il senso di colpa e non vi è in lui alcun pentimento, anzi, egli si considera una vittima al pari della vittima. Afferma anche che non riesce a liberarsi dal suo ideale estetico femminile di bellezza, ossia la magrezza eccessiva, e tale condizione può esser predittiva di ulteriori reati. È evidente come in questo quadro di totale assenza di sensi di colpa, sia del tutto inesistente in lui la dimensione dell’empatia: Mariolini parla delle donne e del loro corpo come un oggetto da possedere, controllare e gestire a proprio piacimento, e questo quadro clinico patologico anche nella personalità, ha incontrato quello di Monica Calò, una donna che suo malgrado non è riuscita a scappare dalle torture inflitte dall’uomo che diceva di amarla.


  1. L’atto criminale

Il sentimento di pietà e compassione che quel 14 luglio 1998 ha spinto Monica ad incontrare ancora una volta il suo carnefice appare incomprensibile. La ragazza aveva già ricevuto una copia de “Il cacciatore di anoressiche”, il libro che nel frattempo Mariolini ha scritto e sul quale l’uomo ha lasciato una dedica, assurda e terribile: “Con amore e con odio”.Inoltre, non si è limitato a farle avere il libro, ma l’ha ripetutamente contattata, pregandola disperatamente di tornare da lui e minacciando di uccidere lei ed i suoi affetti più cari, ma anche di uccidere sé stesso. È proprio a causa di questa ossessiva insistenza che Monica Calò, alla fine, accetta di vederlo. La donna è spinta dal desiderio di parlare con Mariolini e convincerlo a dimenticarla, a rifarsi una sua vita e provare ad essere felice. Non è n caso che Monica abbia scelto un luogo aperto ed affollato come il Lago Maggiore in un orario pomeridiano per incontrare il suo ex, forse pensando così di essere al sicuro, ma questo purtroppo non servirà a salvarla. Quando Mariolini capisce che il motivo per cui Monica ha accettato di incontrarlo è solo di allontanarlo definitivamente, quando realizza che la donna non potrà più essere sua, sceglie di farla finita: incurante dell’orario e dei moltissimi testimoni, l’uomo colpisce la giovane con ventidue coltellate, una delle quali dritta al cuore. Quell’amore malato e folle, nato da una complicità che andava dritta verso il baratro, non poteva concludersi in altro modo se non con una morte cercata da entrambi, una fine inflitta ad una preda tragicamente attratta dal proprio cacciatore.

Questa vicenda non tratta di un omicida seriale nel senso stretto del termine, poiché in realtà ad essere uccisa è stata una sola persona, ma, piuttosto, si tratta di un assassino che seriale lo sarebbe potuto diventare se non fosse stato fermato in tempo. Di sicuro Marco Mariolini non si sarebbe mai fermato da solo; è lui stesso che, sia nelle dichiarazioni rilasciate durante gli interrogatori di Polizia sia in altre deposizioni rese in seguito all’omicidio di Monica Calò, si definì un “potenziale serial killer”. Infatti, per inserire o meno un individuo nella lista degli assassini seriali, non si deveconsiderare solamente il numero delle sue vittime. La discriminate fondamentale per valutare e quantificare la pericolosità sociale di un omicida è, infatti, la “ripetitività omicidiaria immaginata”, cioè quanti e quali crimini egli abbia immaginato e che si sarebbero potuti verificare se lui fosse stato libero di organizzarsi e di agire. La spiegazione degli omicidi seriali sarebbe da collegare principalmente al bisogno di potere, di controllo e di successo, e legati spesso alla sfera sessuale. Questi criminali possono mediare la loro rabbia e frustrazione soltanto attraverso il controllo totale e la denigrazione delle loro vittime. Attraverso l’omicidio riconquistano il senso di potere e in alcuni casi, esso può costituire una vera e propria transizione: il tentativo di liberarsi dei sentimenti infantili ed iniziare a crescere. La violenza che il serial killer perpetra sulla vittima, legandola, torturandola e mutilandola, non è che un modo per dominarla e, solo quando sente di aver realizzato e raggiunto (agito) la fantasia di dominio, la vittima cessa di essere un oggetto di piacere e, a quel punto, può essere uccisa. La morte della vittima lo fa riappropriare della propria vita. Il crimine sessuale e sadico permette all’omicida seriale di raggiungere la massima soddisfazione personale legata al bisogno di dominare ed umiliare la vittima, rendendola oggetto inutile e facile da controllare. È possibile che, in questa fase, il soggetto anticipi mentalmente “l’atmosfera dell’aggressione”, fantasticando sulla soddisfazione e sul senso di potere che gli susciterà lo stupro e l’omicidio. È in questo momento che il crimine seriale esce dal mondo fantastico ed irrompe nella realtà. Un omicidio seriale non è mai frutto di raptus improvvisi, ma è un programmare ogni evento (il luogo, le reazioni che potrebbe avere la vittima, perfino il rischio di essere arrestato). Soltanto alla fine di questo percorso mentale deciderà se rinunciare al suo progetto omicida oppure come e quando portarlo a termine. Si innesca una fase chiamata cooling-off (che può andare da poche ore fino ad anni) in cui egli si sente emotivamente appagato ed è in questo momento che Mariolini, insaziabile predatore di anoressiche, è stato fortunatamente fermato.


  1. BIBLIOGRAFIA

M. Mariolini, Il Cacciatore di Anoressiche, Gruppo Edicom, 2004


1 comentario


Grazie, interessante, non conoscevo il caso. Brava!!

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